UN TEMPO SOSPESO NELLA COLLEZIONE PRIMAVERA ESTATE 2022 DI ANTONIO MARRAS
UN TEMPO SOSPESO NELLA COLLEZIONE PRIMAVERA ESTATE 2022 DI ANTONIO MARRAS. UN INTRECCIO DI RACCONTI, RADICI E PREVISIONI TRA DONNE E UOMINI CHE SI CERCANO IN UNA TERRA FERITA DAL FUOCO.
23 SETTEMBRE 2021
C’era una volta nel Montiferru, proprio al centro dell’Isola, una lussureggiante foresta di lecci, querce, castagni, roverelle e sughere secolari popolati da cervi e montoni e sorvolati da falchi e grifoni. Tutto parte da questo suggestivo scenario e da quello che poi è successo questa estate… Nasce così l’ispirazione del designer per la collezione primavera estate 2022. Ecco la nuova coinvolgente storia raccontata da Antonio Marras.
In un’estate strana, dalla luce accecante e dal caldo soffocante si insinua, traditrice e ingannevole, una scintilla. Si fa strada tra macchia mediterranea, boschi, pascoli, ulivi, capannoni, fenili con le scorte di foraggio e mezzi agricoli e raggiunge, ormai fuoco vivo e implacabile, animali indifesi e ignari.
E come in un disegno malvagio e inutile, le fiamme, approfittando del caldo estremo e dello scirocco incontrollabile, si dedicano ad anarchiche battaglie distruttive.
Ettari ed ettari di terreno inceneriti da fuochi determinati, tenaci e incattiviti.
Povere pernici, poveri picchi, poiane, falchi e gufi e pecore, mucche e cavalli.
E poveri rettili, lepri, ricci e cinghiali.
Che strazio! Che tristezza!
Una ferita in fondo al cuore!
Santu Lussurgiu proteggici!
Fuochi indiavolati e ammeggianti non hanno lasciato intentato nessun sentiero, nessuna macchia mediterranea, nessuna pietra, nessun cammino disarticolato, tortuoso e ripido sino alla montagna, sino a Badde Urbara.
Che disastro! Che dolore!
Eppure, lo sappiamo, il percorso della civiltà inizia solo quando Sant’Antonio è sceso sotto terra a strappare un po’ di fuoco al Diavolo.
Quante tradizioni e leggende legate al mitico elemento.
Il fuoco accomuna, il fuoco incanta, il fuoco riscalda, il fuoco ipnotizza, il fuoco ispira.
Ispira racconti, storie e non solo.
Il fuoco è magico.
Quanti patti di sangue realizzati saltando a due a due sul fuoco il giorno del solstizio d’estate.
Compari per la vita, si diventa!
Tutto è andato inesorabilmente in fumo.
Ragazzi e ragazze, disorientati e increduli, si aggirano tra la foresta ferita per renderle omaggio.
Tra narrazioni della memoria, visioni di culture popolari e paesaggi surreali, i ragazzi si incontrano e insieme sfilano tra braci di raso.
È un’estate strana, un’estate infuocata, terra bruciata e luce abbagliante.
Camminano in terreni scomposti, inusuali e complicati avvolti dai riflessi, i riverberi e i luccichii del sole a picco.
Un sole evanescente ed invisibile ma presentissimo. Lo puoi sentire ma non vedere, avvolto tra cieli grigi e arroventati.
Le figure vagano tra i meandri di una terra ostile ma fantastica, cupa ma incantevole, sconosciuta ma invitante.
È un paesaggio lunare, è il medioevo post-industriale.
I boschi sono ormai ramificazioni di corallo nero. Gli alberi sono segni nervosi tracciati a carboncino su un foglio cenere.
Le rocce sono fossili del pre nuragico dove solo i giganti trovavano casa, il terreno è un acciottolato immacolato di fuliggine e sassi ancora arroventati.
Le donne sono figure sfocate come apparizioni in écru tinto nel tè o nere pece o stampe a rose.
Indossano camice incastrate di pizzi, ritagli, sangallo, ricami.
Indossano tulle, cotoni, pizzi tridimensionali e voile.
Tailleur orati e ricamati.
Giubbotti over intarsiati, lingerie a vista, ampi gonnelloni e texani.
Gli uomini sono dei puzzle di intarsi, quadri, tartan, righe e ori.
Sono ragazzi interrotti e disarticolati.
Vagano, tutti, in un altro universo, in un altro tempo.
Un tempo sospeso.
Un tempo totale che intreccia radici e racconti e favole e previsioni del futuro e uomini e donne che si cercano, si perdono, si aspettano.
Il mare è lontano. Lontano dai sensi e lontano dal cuore.
Salgono lentamente in superficie, i personaggi della terra desolata, riscoprendo l’immagine di un pensiero che viene da lontano, dalle Janas, dalle zone nuragiche, dalle migrazioni, dalle transumanze. Il movimento è contrazione ed estensione, ondivago, organizzato non più secondo l’ordinarietà del tempo del presente, ma in una scansione temporale dove ogni istante si divide infinitamente nel passato e nel futuro che sussistono nello stesso tempo.
La storia si intreccia con la leggenda. I personaggi si posizionano in una zona neutra dalla quale si distribuiscono, nomadi ed irregolari, spauriti, per ripopolare e ridare vita al luogo più bello del mondo.
“Avevo una ferita in fondo al cuore, la sentivo, la sentivo bruciare, ma non volevo so rire”, dice la voce di Nada, calda come quelle fiamme. “Passo dopo passo, la ferita era sempre lì. Continuavo a sentirla. Allora mi sono messa a correre tra montagne, fiumi, laghi, ma la ferita stava sempre lì. Ho scavato, aperto, dilaniato, lacerato, sanguinato:
il cuore si gonfia, diventa una palla, diventa una forza che spacca milioni di ombre nell’aria limpida che nasconde malvagità. Ho così preso, toccato, guardato la ferita e col tempo l’ho ricucita. Ora è un ricamo in fondo al cuore”.
Santu Lussurgiu, proteggici!
Rinascerà tutto più rigoglioso di prima, ritornerà il verde e fioririranno le rose.
Guarirà quella ferita in fondo al cuore, deve guarire per forza.